BERGER: UNA DOTE DI ESPERIENZA DA INVESTIRE SUI GIOVANI

Parto dall’inizio della mia esperienza di formazione universitaria, figlio di un imprenditore di una piccola media impresa, innovativo e tenace, che si è costruito nel dopo guerra, partendo dal poco, per realizzare un futuro della sua famiglia, condiviso con il parallelo suo percorso nel mondo del lavoro e del mercato. Erano i primi anni ‘70 ed ho avuto la fortuna di potermi formare, con dei genitori che si sono prodigati per garantire ai loro tre figli l’università. Ci siamo affacciati, raggiunto il primo festeggiato traguardo della laurea, al mondo del lavoro, carichi di energia e progettualità, per cercare di ripetere, anche con il nostro carattere, con i valori ricevuti, con la nostra fresca creatività l’esperienza di vita nella traccia tramandata dai nostri genitori. Che ciò abbia significato continuità nelle aziende di famiglia già avviate o nuove iniziative imprenditoriali o professionali, ci siamo assunti un ruolo, giocando i nostri talenti. Parallelamente, e in quegli anni era forse più facile di oggi, abbiamo percorso progetti di famiglia, abbiamo condiviso amore in un vincolo che aveva in se’ il desiderio di mettere al mondo il segno del progetto del Signore nella nascita dei nostri figli.

Non era tutto semplice, anche allora come oggi, le sorprese, le incognite erano molte, ma abbiamo avuto la fortuna di cavalcare forse anni di crescita, anni nel quale era forse possibile ancora partecipare alla scoperta di un mondo che correva, si innovava tecnologicamente, si apriva a nuovi mercati, usufruiva di nuove leve finanziarie, ecc. Ma è arrivata purtroppo anche la necessità di fermarsi, di riproporre delle priorità, delle regole, che hanno costretto tutti a ridimensionare gli orizzonti. Nuove ed importanti preoccupazioni per le nostre aziende, sia da imprenditori, che da dirigenti o professionisti, come anche da fornitori e clienti, nel rapporto allargato nel mercato.

Oggi la nostra generazione vede già attorno a se ripetersi il ciclo della vita nei progetti dei propri figli, chi già partito, chi alla pedana di partenza nel mondo del lavoro, alla ricerca di poter avviare concretamente, secondo il proprio modello formativo, i propri progetti. Il problema del lavoro difficile da trovare, della casa, del tutto che costa, delle difficoltà finanziarie e del costo della vita, ha posto forse dei freni a un volano che è lento ad avviare la sua corsa. E tutti noi imprenditori dirigenti o professionisti, viviamo insieme le preoccupazioni per le nostre aziende per il nostro lavoro, ma ancor più per il futuro dei nostri figli.

Vivo da imprenditore e consulente di direzione, a stretto contatto con molte esperienze parallele alle nostre, e rilevo come forse una delle più grosse tentazioni sia quella di “cedere il passo”. Un cedere il passo che vorrei però spiegare, affinché non si intenda come un’arresa, ma come un coraggioso tentativo per creare opportunità ai giovani figli, per poterli forse “lanciare” nel proprio percorso, davanti a se. Ho la fortuna di avere un figlio al mio fianco da più di venti anni, che ha voluto capire la figura dell’imprenditorie sulla sua pelle. È entrato in azienda con il progetto di affiancare studio universitario e lavoro, ma ben presto il lavoro, ma anche le responsabilità e le preoccupazioni, in un mondo economico sempre più complesso e difficile hanno divorato le sue energie, a scapito degli studi.

Anche il settore innovativo della nostra azienda, quale quello delle tecnologie informatiche e dell’integrazione tecnologica, ha subito la “banalizzazione” di una cultura ormai non più di nicchia; un hobby, quello dell’informatica, condiviso da tutti con l’arte dell’arrangiarsi. Non più progetti formati, dietro ad analisi delle esigenze, pianificazione e sviluppo, ma necessità dell’ultimo momento o velleità, moda, quindi spesso approccio non più organico, distraendo il mercato dalla qualità di progetti. Le attuali leggi italiane, come quella sulla privacy, le certificazioni di sicurezza e qualità, sono spesso ritenute un peso e non una garanzia e anche qui banalizziamo e perdiamo il treno della qualità, al confronto di Paesi europei emergenti, Al di là del primo slancio degli ultimi decenni sulle certificazioni di qualità, la crisi economica ha portato a tagliare anche questi investimenti, ritenuti spesso non di prima necessità.

Il cedere il passo a favore delle nuove generazioni nelle proprie aziende, si accompagna spesso alla necessaria “riduzione” dei costi, per reggere in apnea e in attesa di superare questo tunnel della crisi. Ai giovani figli, ai fedeli dipendenti, non si possono tagliare opportunità o risorse, di fronte alle esigenze delle proprie famiglie, della casa e dell’affitto o del mutuo da pagare, dei figli/nipoti da crescere. Anche questa è una scelta o impostazione di valore, un credere in un bene comune. Qui non ci sono margini da ridurre. I nostri figli non hanno risparmi alle spalle, hanno ancora da costruire tutto o quasi davanti a loro. Sono i nonni, gli imprenditori degli anni 70, con30-40 anni di lavoro alle spalle, con esperienza e grossi curriculum, con immagine e relazioni, che oggi hanno la maggiore facilità a ricollocarsi, anche con una “precarietà” di impiego che meno spaventa e forse già con dei risparmi da parte o la pensione già maturata o quasi al traguardo.

Sono questi imprenditori, dirigenti, professionisti, artigiani degli anni di battaglia ruggenti, che tirano fuori dai loro garage gli old timer, i vecchi cavalli di battaglia, il coraggio di osare. Il precariato diventa inventiva, innovazione, libertà di sperimentare, ricchezza aggiunta. La nuova opportunità? L’anzianità e l’esperienza come risorse. Professionisti e imprenditori che cercano nuove qualifiche o figure professionali (vedi i mediatori civili e commerciali), che hanno il tempo di dedicarsi a nuove opere sociali o volontariato,  che si ripropongono come consulenti, come formatori. Figure solide, di esperienza e immagine, caratteristiche che i figli non hanno ancora nel proprio curriculum.

Un nuovo modo di creare ricchezza e impegno: diamo spazio ai giovani nelle aziende, riduciamo i compensi ai genitori e nonni nei cda, utilizziamo la loro storia come risorsa per generare nuova dinamicità. Sono i compensi di amministratori o presidenti di cda spesso “incalliti”, revisori dei conti o consiglieri, dirigenti che non ci sono mai, i rapporti con i consulenti di sempre, che tradizionalmente aspettano il bonus di presenza, che devono alleggerire le aziende e i loro bilanci. Le generazioni che hanno “già corso” i loro anni, hanno spesso più elasticità finanziaria alle spalle dei propri giovani, diamo loro opportunità: è la miglior forma educativa, la più grande eredità.

È qui che vedo di poter cogliere le aspettative del Santo Padre, quando indica la necessità di una maggiore presenza nella società e nella politica. Il Santo Padre si rivolge a queste risorse di uomini di esperienza e saggezza, che possono dedicarsi alla società ed alla politica senza necessarie elevate aspettative di risultato economico, di bonus o prebende. Proviamo e provino imprenditori e professionisti di questo target, di esperienza percorsa, di disponibilità ad essere ancora risorsa, dopo aver ceduto opportunità ai giovani, a formare i propri curriculum e creiamo una banca non del tempo, ma della esperienza e professionalità, stabilità e responsabilità. Nuove relazioni con nuovo vigore e significato. Trasformiamo le risorse degli anziani in nuovo vigore e nuove relazioni, in una creatività innovativa, ruolo ed impegno, con ambizione di costruire il modo di vincere la crisi di molti valori e del mercato. Creiamo nuova iniziativa, nuova fiducia e consapevolezza nel sentirci attori vivi e proponenti, ancora con grandi capacità di dare e creare. Sentiamoci pionieri di nuove esperienze. In conclusione, amiche ed amici, socie e soci creiamo insieme questa grande, moderna risorsa giovanile e creiamo la nostra banca dati delle risorse ed esperienze ancora giocabili su questo orizzonte.

 

L’AUTORE

Alberto Berger, consulente di direzione con specializzazione in gestione e rivalutazione immobiliare, è presidente della sezione Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti) della Provincia di Bolzano; è mediatore civile e commerciale, iscritto presso il ministero di Grazia e Giustizia.

 

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