Testimonianze

Dal 2017 si sono rivolte al Telefono Arancione più di 1.200 persone in grave difficoltà per ragioni economiche o per crisi aziendali. Grazie al supporto di un pool di professionisti qualificati (commercialisti, avvocati, consulenti aziendali) abbiamo fornito consigli tecnico-legali a tutti e abbiamo preso in carico oltre un centinaio di casi complessi, individuando soluzioni per prevenire scelte sbagliate e dare opportunità di ripresa professionale.

Antonio De Luca (Bologna)
Antonio ha contattato il TA in stato di gravissimo disagio psicologico.
Già rappresentante nel settore immobiliare, ha visto crollare il suo reddito a causa di uno stile di vita inadeguato.
E’ stato lasciato dalla moglie, dopo aver prosciugato diversi prestiti avuti dai familiari.
E’ stato preso in carico da due soci ASGI che hanno coinvolto gli enti locali e altre organizzazione di volontariato. Da tre mesi Antonio risiede in una comunità terapeutica per ludopatici e ha avviato una nuova attività professionale.

Teddi Brugnerotto (Venezia)

Teddi ha chiamato il Telefono Arancione nel gennaio 2018.
Stava cercando di salvare dal fallimento la sua impresa impiantistica, indebitata con fornitori e banche, che minacciavano di mandare all’asta la casa di proprietà, dove Teddi vive con moglie e figlia.
Con il supporto dei professionisti del Telefono Arancione, la situazione debitoria di Teddi è stata congelata. Teddi ha avuto bisogno di una notevole vicinanza umana perché ha più volte manifestato l’intento di farla finita. Ora si è ripreso e sta conducendo una nuova attività commerciale.

Roberto Cadamuro (Biella)

Roberto è entrato in contatto con il TA nel febbraio 2019.
Già titolare di due laboratori di pasticceria, è stato costretto a chiudere l’attività con l’insorgere della malattia (Parkinson).
Abbandonato dalla famiglia, vive con la madre (94 anni) in un casolare di proprietà, a rischio di liquidazione all’asta per debiti con la banca.
In collaborazione con la diocesi di Biella e associazioni locali, è in corso un’iniziativa per mantenere a Roberto la proprietà della casa e sviluppare nella struttura iniziative di accoglienza e attività economiche nel casolare.