LETTERA APERTA AGLI IMPRENDITORI

Egregi colleghi imprenditori, egregi Presidenti confindustriali e non, tre operai muoiono in un lavoro di routine, ma a dir poco pericolosissimo, avendo già provocato decine di vittime e non un solo grido di rammarico si alza dalle nostre Associazioni. Che vergogna, che ipocrisia! E’ ora di mettere fine a questo comportamento che nasconde nostre precise responsabilità. Parliamoci chiaro: io ho fatto l’imprenditore per 45 anni di seguito e so bene che noi titolari, quando vogliamo essere coinvolti in una discussione o altro, ci prenotiamo e partecipiamo. Quando un argomento grande o piccolo ci interessa, lo presidiamo: è nostro.

Sappiamo anche cosa vuol dire pulire delle cisterne o degli ambienti pieni di gas tossici. Qui la pericolosità del lavoro è acclarata da tempo, come nel caso del sollevamento di un carico eccezionale. Lo stesso si può dire, si deve dire della nostra superficialità. E’ sotto gli occhi di tutti, e da tempo, se è vero che ogni giorno due/ tre persone perdono la vita per incidenti sul luogo di lavoro. La tradizione militare dice che un buon comandante assiste sempre alle operazioni rischiose dei suoi e, se non ci sono livelli minimi di salvaguardia per le proprie truppe, le annulla. I nostri operai non sono pedine, sono figli nostri, come i nostri figli di sangue. Se non adottiamo questa mentalità saremo sempre considerati egoisti, incoscienti e, per l’aspetto economico, ladri.

Lorenzo Orsenigo

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